Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla reputazione delle persone, il personal branding era ancora considerato qualcosa di accessorio, quasi vanitoso. Oggi è diventato essenziale. Ma c’è un dettaglio che sta cambiando tutto: l’intelligenza artificiale.
Con l’AI generativa, chiunque può scrivere un post apparentemente “ben fatto”. Bastano due prompt, una revisione veloce, e il gioco è fatto. Ma proprio per questo, paradossalmente, serve ancora di più la parte che non si vede: quella che definisce chi siamo davvero. Bisogna fuggire dall’appiattimento generale dei contenuti creati dell’AI, che può affascinare per la sua semplicità, ma affossa le identità.
Negli ultimi mesi mi è capitato spesso di riflettere su quanto il contenuto, da solo, non basti più. Se tutto può essere generato, ciò che conta è la sorgente. E la sorgente è la persona.
Per questo, nel nostro lavoro con manager, imprenditori e leader aziendali, siamo partiti da un’altra domanda: cosa ti rende veramente unico? Quali sono le convinzioni, le esperienze, le fratture e le rinascite che ti distinguono da chiunque altro?
E la risposta non arriva scrivendo, ma ascoltando.
Con il nostro team abbiamo creato un metodo che parte da lì: dall’ascolto profondo. Lavoriamo con psicologi della comunicazione, facciamo assessment dettagliati, analizziamo il network e mappiamo il posizionamento prima ancora di mettere giù una riga di testo.
È da quel lavoro sotterraneo che nascono le storie che funzionano. Non perché siano perfette, ma perché sono autentiche. E oggi più che mai l’autenticità è una moneta rara.
Poi certo, arriva la parte visibile: una strategia editoriale coerente, una voce riconoscibile, contenuti che esprimono valore, e l’AI come alleata per velocizzare, amplificare, generare spunti e varianti. Ma mai come sostituto del pensiero.
C’è anche un altro tema cruciale: il networking digitale. In un’epoca dove i feed sono saturi, la tua rete è ciò che può fare davvero la differenza. Non basta pubblicare, serve dialogare. Commentare, connettersi, costruire relazioni. Far parte di una conversazione più ampia.
Con L45 abbiamo accompagnato decine di professionisti in questo percorso. E alcuni risultati ci rendono particolarmente orgogliosi: quattro dei nostri clienti sono stati nominati Top Voice su LinkedIn. Non perché urlassero più forte, ma perché avevano qualcosa da dire di davvero unico e di valore.
Il nostro metodo si chiama P-Boost.
Non è un corso, non è un copy-paste di post. È un percorso di scavo, emersione e valorizzazione del vero posizionamento della persona e del professionista, che non possono che coincidere. Perché nell’era dell’intelligenza artificiale, a fare la differenza è ancora – e sempre – l’unicità personale.